La mobilità sostenibile, un sogno anche italiano, che compie quarant'anni
Erano gli anni Ottanta: Marco Tardelli esultava a braccia spalancate sotto il cielo di Madrid. Nelle autoradio suonavano a tutto volume Eye of the tiger e Tanz Bambolina, mentre i più romantici si lasciavano andare sulle note di Avrai di Baglioni.
Per le strade erano gli anni della Ritmo, l'auto Fiat capace di conquistare tutti, cominciando dai giovani. Al di là dell'Oceano, la macchina che in Italia scorrazzava per le notti mondiali del 1982, aveva un altro nome, Strada, e un altro destino.
Diventare una delle prime auto elettriche – totalmente elettriche - al mondo.
La Ritmo Elettrica firmata US Electricar
La Ritmo elettrica era realizzata dalla US Electricar, azienda specializzata proprio nelle auto elettriche che, in grande anticipo sui tempi, aveva colto un dato di importanza basilare: la maggior parte degli spostamenti negli Stati Uniti erano effettuati su brevi distanze, non oltre le 30 miglia (circa 50 chilometri).
Un veicolo elettrico, perciò, seppur di autonomia risicata, poteva diventare una perfetta seconda macchina.
La Ritmo Elettrica, progettata proprio per raggiungere questo settore di mercato, era mossa da motore General Electric da 23 cavalli alimentato da 16 batterie da 6 volt.
La sua velocità di punta era rispettabile (104 km/h) mentre l'autonomia era piuttosto risicata: appena 100 km, calcolati ad una velocità media però bassa, circa 50 km/h. All'interno invece la Ritmo elettrica era identica a quella circolante sulle nostre strade con l'aggiunta di un amperometro e di un voltometro. Non era però l'unica auto elettrica da modelli celebri realizzata dalla US Electricar che nella sua scuderia poteva vantare anche un modello di Renault 5 e un'altra Fiat, la 147.
Le altre auto elettriche vintage
Non solo le utilitarie di Francia e Italia erano però protagoniste del sogno della mobilità elettrica.
La Volkswagen era stata affascinata dalle potenzialità dell'elettrico fin dalla fine degli anni Settanta, quando ideò il prototipo di una Golf elettrica, tuttora conservata nel museo aziendale.
Nel 2019 Golf ha annunciato il lancio di un modello totalmente elettrico, capace di rivoluzionare il mercatoLa prima Golf elettrica montava un motore da 20 cv, capace di spingere l'auto alla velocità di 65 km/h con un'autonomia però poco soddisfacente, appena 50 km.
Eppure questa Golf è stata la palestra di prova per la prima Golf ibrida che ha debuttato nel 1989, con la prospettiva di essere prodotta in serie.
In realtà nonostante alcune indubbie migliorie rispetto al prototipo degli anni Settanta (come la velocità massima di 100 km/h e la presa per la ricarica da 220 volt), non riuscì a decollare e la produzione di fermò a 120 unità. Un destino simile anche quello della Golf elettrica successiva: dalla sua la ricarica veloce (un'ora e mezza per arrivare all'80%) a fronte però di un'autonomia piuttosto scarsa (circa 90 chilometri a poco più di 50 km/h).
Anche in questo caso la fortuna commerciale non accompagnò il progetto e lo stop alla produzione arrivò dopo poco più di cento esemplari. Eppure la casa di Wolfsburg si può consolare degli insuccessi passati, dato che dopo Golf e Up elettriche nel 2019 promette di presentare un modello totalemente elettrico capace di rivoluzionare il mercato.
Nella nostra carrellata dedicata alla mobilità sostenibile vintage però non può mancare un altro modello, divenuto un'icona del settore, anch'esso predittivo di una serie elettrica destinata a lasciare il segno (e che oggi porta il nome di i3 e i8). Stiamo parlando della BMW 1602e nata nel 1972 e utilizzata proprio in occasione delle Olimpiadi di Monaco celebrate quell'anno.
L'auto era dotata di uno straordinario propulsore elettrico capace di far raggiungere al mezzo i 100 km/h.
Unico difetto: per alimentarlo era necessario un gruppo di 12 batterie dal peso record di 350 chili. Un'auto che però ancora oggi è in grado di far battere il cuore agli appassionati della casa di Monaco. E a tutti gli amanti della mobilità sostenibile, anche se in foto seppiate.