In uno studio dell'Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano il punto sulla situazione delle comunità energetiche in Italia

Come funzionano o, meglio, funzioneranno le comunità energetiche, cosa bisogna ancora fare dal punto di vista normativo e quale può essere la sostenibilità economica di questa rivoluzione energetica in atto. Sono alcune delle fondamentali domande a cui risponde lo studio “Le Energy Community in Italia: l’evoluzione del quadro normativo e ricadute attese per il sistema- paese”,   condotto dal gruppo di ricerca Energy & Strategy del Politecnico di Milano, con il supporto di Acea, BePower, Edison, Enel X, Energy Wave, Eni, EPQ, Falck Renewables e Siram Veolia. 

Come funzionano e come sono normate

I membri delle comunità energetiche cedono e ricevono in rete energia prodotta da altri prosumer all'interno della community e possono anche agire collettivamente come un unico soggetto. Un'immagine chiara che però sottintende una varietà di profili diversi razionalizzati dalle Direttive europee RED II e EMD II. Questi importanti pronunciamenti UE, che dovranno essere recepiti nelle normative dei singoli Stati, individuano tre configurazioni principali: Renewable Energy Community (REC), Citizen Energy Community (CEC), e “autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente” (AC.FER).  

Ci sono però alcune caratteristiche che le accomunano come l'adesione, che è aperta e volontaria o la partecipazione che viene limitata a soggetti le cui attività relative alla comunità / autoconsumo non costituiscano le attività principali. Il fil rouge principale però è soprattutto nell'obiettivo: fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi azionisti o membri o alle aree locali in cui operano. 

La svolta del decreto Milleproroghe

L'Italia, che per anni si è mossa con incertezza sul tema, ha accelerato con il decreto Milleproroghe dello scorso febbraio che, di fatto, consente la costituzione di comunità energetiche rinnovabili per l’autoconsumo, sia in condominio sia tra prosumer - privati o aziende PMI o enti locali - che risiedono in unità separate. Al momento, rileva il gruppo di studio, restano però da definire alcuni aspetti che riguardano il perimetro di riferimento, le forme giuridiche che dovranno assumere e le modalità di inclusione di soggetti terzi che avranno il ruolo cruciale di gestire l'attività con il ruolo di aggregatori. 
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I benefici

Chi ne trarrà i maggiori benefici? La risposta più rapida è una: tutti, cominciando dai membri delle comunità energetiche e dagli autoconsumatori collettivi fino ai fornitori di tecnologia e ai soggetti aggregatori. Oltre a questa, l'Energy & Strategy Group ha fornito anche una risposta più articolata, basata sull'ipotesi di uno scenario “Medio” di sviluppo delle comunità energetiche. Questo ipotizza la creazione di circa 26.000 unità tra comunità energetiche e  AC.FER. nell’arco di 5 anni, nelle quali saranno coinvolti circa 750 mila nuclei familiari, 150 mila uffici e 8.000 PMI.

L'incentivo pubblico

Una situazione che però, per essere attivata, necessita di un incentivo da parte dello Stato, che - secondo l'analisi - dovrebbe essere proporzionale all’energia condivisa all’interno della comunità. Un incentivo che, quindi, non dovrebbe basarsi sulla produzione, ma sulla quantità di energia autoconsumata perché solo in questo modo diventerebbe davvero un volano per l'affermazione delle comunità energetiche. L'esborso per lo Stato, ha calcolato il gruppo, si aggirerebbe sui 5,4 miliardi di euro, dilazionati nel tempo, che porterebbero però a un immediato beneficio per la filiera industriale.  
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Ambiente, lavoro e sistema elettrico nazionale

In questo quadro la prima e fondamentale convenienza sarebbe per l'ambiente:  3600 MW di potenza di fotovoltaico installata (pari al 55% di quanto previsto dal Piano Energia e Clima) nei prossimi cinque anni, permetterebbero di risparmiare 1,3 milioni di tonnellate di CO2. Tra cinque anni potremo risparmiare 1,3 milioni di tonnellate di CO2 Ci sarebbero, poi, ulteriori benefici per il sistema Paese: "energetici", come la riduzione delle perdite di rete e – perlomeno per i clienti finali - dei costi di trasmissione e di distribuzione dell’energia, e  “sociali” come la creazione di circa 6.500 posti di lavoro.  Questo scenario, però, metterebbe in moto un più ampio processo di modernizzazione con l’adozione di soluzioni di efficienza energetica e di dispositivi di ricarica per i veicoli elettrici, sistemi di accumulo ed altre tecnologie o soluzioni di nuovo sviluppo. Investimenti che potrebbero contribuire a rendere le comunità energetiche e gli autoconsumatori collettivi soggetti attivi all’interno del sistema elettrico nazionale: in pratica, una rivoluzione produttiva rispetto al modello attuale e un salto in avanti verso gli obiettivi fissati dagli accordi di Parigi.