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Guida alle Comunità Energetiche Rinnovabili

Cosa sono, come funzionano e perché conviene farne parte

Comunità Energetiche Rinnovabili: tre parole che abbiamo imparato a conoscere da vicino, tre concetti fondamentali che, uniti, danno vita a un nuovo modello di produzione e consumo dell’energia da fonti rinnovabili.

Si tratta di una vera e propria evoluzione nell’ambito della generazione distribuita da fonti energetiche rinnovabili, per la quale l’Europa ha deciso di destinare dei fondi PNRR.

La normativa, ad oggi, si è strutturata in modo da favorirne la costituzione secondo due modelli principali: Comunità Energetiche Rinnovabili (chiamate anche CER o REC) e gruppi di autoconsumo collettivo (AC o AUC). 

In ambedue le configurazioni, le Comunità Energetiche si basano su alcuni elementi chiave: la partecipazione di soggetti diversi e il decentramento della produzione, la possibilità - ed è questo l’aspetto più importante - di generare e consumare autonomamente nello stesso sito energia elettrica da fonti rinnovabili.

Nella gran parte dei casi questo è possibile attraverso l’utilizzo di impianti fotovoltaici che possono essere installati da uno o più partecipanti alla Comunità Energetica, con una serie di benefici economici, sociali e ambientali che ricadono su tutti gli aderenti e sulla collettività.

Cosa sono le Comunità Energetiche

Energia condivisa, fonti di energia rinnovabile, cittadini: partiamo da qui per spiegare questo modello, nuovo e antico insieme, che in Italia e in Europa ha trovato la sua definizione più compiuta solo a partire dalla Direttiva UE 2018/2001 RED II, recepita a più riprese nel nostro ordinamento.

Le Comunità Energetiche possono essere di diverse tipologie in ragione della fonte di energia utilizzata. Oggi, nella gran parte dei casi, si basano sul fotovoltaico e sull’unione di più prosumer, cioè produttori-autoconsumatori di energia, e di consumer che all’interno delle Comunità Energetiche Rinnovabili trovano il modo più efficace di impiegare l’energia elettrica.

La costituzione della Comunità Energetica Rinnovabile, quindi, è strettamente collegata alla figura del prosumer: in entrambe le configurazioni sarà centrale l’auto produzione di energia e l’autoconsumo come soddisfacimento del proprio fabbisogno energetico. 

Altro elemento fondamentale è l’aspetto geografico: la Comunità Energetica Rinnovabile si conforma come rete virtuale tra più unità produttive e di consumo, che siano case private, attività commerciali, aziende, edifici pubblici o condomini. In questo modo localizza il fabbisogno in una dimensione geografica ben definita e abilita l'armonizzazione dei consumi con la produzione da fonti rinnovabili.

Diventa così possibile, oltre a ottimizzare l’autoconsumo del singolo prosumer, anche condividere virtualmente attraverso la rete nazionale l’energia elettrica non autoconsumata, a beneficio degli altri partecipanti alla Comunità (energia condivisa).

CER e AUC: le configurazioni di riferimento

Le configurazioni principali di Comunità Energetiche, individuate dalla normativa di riferimento, sono due: gruppi di autoconsumo collettivo (AC o AUC) e Comunità Energetiche Rinnovabili (REC o CER).

1. Il primo caso è solitamente rappresentato da un condominio trattato come un unico soggetto che condivide l’energia elettrica prodotta dal proprio impianto fotovoltaico, anche con le singole abitazioni che lo compongono.

2. Il secondo può essere definito come una più ampia associazione di consumer e prosumer geograficamente vicini e può contare anche sull’unione di più impianti fotovoltaici. 

La Direttiva RED II (Direttiva UE 2018/2001), che ha sancito il diritto dei cittadini europei di diventare energy citizen e unirsi in comunità energetiche, ci consegna la definizione quadro.

Secondo quest’ultima i caratteri principali delle “Comunità di energia rinnovabile" sono anzitutto l’essere un soggetto giuridico che si basa sulla partecipazione “aperta e volontaria”, che è “autonomo” ma soggiace a una vicinanza dei membri agli impianti di produzione.

Inoltre “gli azionisti o membri sono persone fisiche, PMI o autorità locali, comprese le amministrazioni comunali” e l’obiettivo principale è “fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi azionisti o membri o alle aree locali in cui opera”.

In questa visione, il principio di autoconsumo viene espanso in un concetto più ampio: quello di energia condivisa. Non è più necessario, infatti, consumare l'energia nello stesso punto in cui si è stata prodotta, ma questa può essere condivisa virtualmente con chi è in prossimità della produzione e per questa azione è prevista un’incentivazione.

Il concetto di condivisione è sancito tanto da un fattore spaziale quanto temporale: la contemporaneità tra produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e consumo che avviene per il tramite della rete nazionale.

Oltre a AUC e CER, esistono gli autoconsumatori individuali a distanza, direttamente connessi tra loro o collegati dalla rete di distribuzione e le Comunità Energetiche dei cittadini (CEC) già previste dalla Direttiva sul mercato interno dell’energia elettrica (Direttiva UE 2019/944).  Si tratta però di configurazioni al momento marginali. 

I vantaggi

Non si può semplificare il significato delle Comunità Energetiche parlando esclusivamente di un beneficio economico. I vantaggi offerti dalla condivisione dell'energia infatti interessano anche aspetti sociali e ambientali. L’oggetto sociale prevalente, previsto dalla normativa per questo soggetto, lo prevede espressamente.

Nella visione della Ue, la Comunità Energetica deve diventare un valore per il singolo, per la sua casa e per l’ambiente che la circonda proprio grazie all’utilizzo di fonti di energia rinnovabile e al ruolo primario della condivisione con il suo valore educativo e sociale. 

1. I vantaggi economici
Aderire a una CER comporta diversi vantaggi: vediamoli.

  • Il risparmio sulla spesa per l'energia: chi autoproduce e autoconsuma non deve prelevare energia dalla rete e quindi ha il massimo risparmio
  • La valorizzazione dell’energia immessa in rete: quanto non viene autoconsumato o condiviso con gli altri membri della CER può essere immesso in rete e, quindi, remunerato

A questi due aspetti peculiari nella configurazione dei prosumer, se ne somma uno peculiare ai membri della CER:

  • L'energia condivisa tra prosumers e consumers che fanno parte della stessa CER viene valorizzata attraverso un incentivo dedicato. Il vantaggio economico sarà ripartito tra tutti i partecipanti alla Comunità Energetica sulla base del contratto sottoscritto dai membri.

2. I vantaggi sociali
Il primo e più importante vantaggio dal punto di vista della collettività è già implicito in quest'ultimo punto, e risiede nella forma collaborativa di gestione e valorizzazione dell'energia. Quest'ultima diventa un bene comune, condiviso, capace di creare un valore economico che sarà redistribuito tra i membri della Comunità: privati, pubbliche amministrazioni e imprese.

Le pubbliche amministrazioni, oltre a spendere meno per l’energia, hanno un ulteriore vantaggio: possono sfruttare la loro presenza territoriale per fungere da aggregatori sociali, senza dimenticare che le CER, grazie alla condivisione dell'energia e dei vantaggi connessi, sono uno strumento utile per combattere la povertà energetica.

Un tema, quest'ultimo, che è stato a lungo oggetto di dibattito proprio per la sua ricaduta sulla società grazie alla capacità di innescare vere e proprie forme di sharing economy, un modello di economia e di consumo quindi che, come indica già il nome, non può prescindere dalla condivisione.

3. I vantaggi ambientali
La parte più importante della condivisione dell'energia riguarda però la ricaduta positiva sulle emissioni. Le Comunità Energetiche, infatti, sono state individuate dalla UE come uno strumento privilegiato per l'incremento delle fonti rinnovabili, non soltanto per il modello produttivo offerto, ma anche per il valore educativo e formativo sulla popolazione coinvolta.
Un utilizzo più consapevole dell'energia è funzionale anche al processo di ottimizzazione delle risorse e di efficienza energetica che è parte della strategia di riduzione delle emissioni.

Come si fa una Comunità Energetica

Dalla costituzione del soggetto giuridico - se non già esistente come nel caso del condominio - alla messa in attività, i passaggi sono diversi. Possiamo sintetizzarli in quattro diverse fasi:

  • Costituzione del soggetto giuridico: le forme previste sono le più disparate, in base alle esigenze dei partecipanti e del soggetto promotore. Si tratta in ogni caso di un contratto privato tra i diversi partecipanti che sono liberi di decidere la ripartizione di oneri, incentivi e guadagni. In questa fase viene anche individuato il referente legale che sarà l’interlocutore con gli enti e con il GSE.

  • Avvio: questa fase prevede la progettazione e costituzione della CER secondo gli adempimenti previsti dal GSE e termina con l'installazione degli impianti.

  • Gestione: da una parte c'è la manutenzione degli impianti; dall'altra la gestione amministrativa e il controllo economico sulla redistribuzione di tutti i valori economici riconosciuti alla Comunità stessa.

  • Ottimizzazione: a partire dalla massimizzazione dell'energia condivisa, ad eventuali sistemi di storage, fino all'istituzione di sistemi di load management per la redistribuzione e l'uso intelligente dei carichi.

Funzionamento e condizioni

Ai sensi del D.lgs. 199/2021 alle Comunità Energetiche Rinnovabili possono partecipare privati, enti pubblici, associazioni, piccole e medie imprese, a patto che, per queste ultime, la partecipazione alla comunità di energia rinnovabile non costituisca l'attività commerciale o industriale principale.

I requisiti richiesti sono:

  • I partecipanti devono avere la titolarità di un POD - quindi un punto di prelievo dalla rete.

  • La configurazione minima prevede l’adesione di due soggetti: un prosumer e un consumer.

  • Gli impianti devono essere di nuova installazione e avere una potenza complessiva non superiore a 1 MW, possono rientrare nella configurazione impianti già esistenti ma solo fino a un massimo del 30% della potenza complessiva.

  • L’energia deve essere condivisa utilizzando la rete nazionale di distribuzione.

  • Consumer prosumer devono essere forniti dalla medesima cabina primaria.

Costi e contributi

Quanto costa aderire a una Comunità Energetica? Non esiste una risposta univoca: tutto dipende da chi finanzia gli impianti fotovoltaici, che rappresentano la voce di costo più importante, da com’è organizzata e da qual è lo scopo finale.

Esistono, ad esempio, Comunità Energetiche promosse da enti pubblici allo scopo di valorizzare le fonti rinnovabili e combattere la povertà energetica che non richiedono alcun contributo economico ai singoli cittadini.

Non dimentichiamoci poi della possibilità di ricevere contributi dedicati a promuovere lo sviluppo delle Comunità Energetiche erogati sia da soggetti pubblici, attraverso ad esempio i fondi del PNRR o i bandi regionali, che da soggetti privati, come ad esempio le Fondazioni bancarie. Questi, a condizione di possedere i dovuti requisiti, aiutano a sostenere i costi per la progettazione e la messa in esercizio.

Le Comunità Energetiche in Italia

La filosofia introdotta dalla RED II che vede oggi le Comunità Energetiche Rinnovabili come strumento per garantire un benessere condiviso ha però origini ben più antiche: il forno collettivo, il mulino, la latteria turnaria erano tutti modi di utilizzare collettivamente la stessa energia.

Questa filosofia, riportata alla generazione elettrica, in Italia può contare su importanti esempi nati ben prima di trovare una definizione legale a livello comunitario. Si trattava spesso di aggregazioni di tipo cooperativo, sorte in comunità locali o di montagna, per garantire l’apporto energetico a un’area ben definita come accaduto per la FUNES in Alto Adige (anno 1920) o la EWERK PRAD, Cooperativa di Prato allo Stelvio o la COOPERATIVA ELETTRICA GIGNOD di Saint Christophe, in Valle d’Aosta.

Dal 2020, in Italia le Comunità Energetiche hanno acquisito criteri propri e ben definiti e i progetti di questo tipo hanno attirato l’interesse crescente dei media, ma considerando la complessità del processo normativo, la fase sperimentale è durata circa due anni.

In questo periodo, i progetti realizzati sul territorio nazionale sono stati un numero ridotto: secondo l’ultimo report disponibile di Legambiente (maggio 2022) sono 35 le realtà effettivamente operative e 41 in fase di progettazione, ma i numeri sono destinati a crescere con il completamento del processo normativo.

Plenitude per le Comunità Energetiche

In questi primi anni di sperimentazione, Plenitude con Plenitude Energy Services S.p.A. ha lavorato a importanti progetti dedicati all’energia condivisa da fonti rinnovabili. Tra questi, il principale è EvoNaRse, progetto pilota di autoconsumo collettivo avviato a Napoli con partecipazione di RSE (Ricerca su Sistema Energetico).

La società ha installato un impianto fotovoltaico da 10 kWp sul tetto e un sistema di accumulo a batterie. L’energia generata dai pannelli solari è impiegata direttamente (o tramite accumulo) per alimentare in via prioritaria i servizi comuni, mentre la produzione residua è destinata alla condivisione con i condomìni che hanno aderito al progetto.

In particolare, questo modello è servito a mettere a punto sistemi di misurazione sempre più evoluti che - attraverso l’home gateway manager Eugenio, fruibile tramite app, e la piattaforma informativa basata sul cloud - permettono non solo di calcolare l’energia condivisa e l’ammontare dell’incentivo, ma anche compilare indici di performance, effettuare stime di producibilità, valutare l’adozione di programmi demand response e ottimizzare il funzionamento dei condizionatori e delle pompe di calore.

Da esperienze come queste si è sviluppata l’offerta di Plenitude che riesce ad affiancare la comunità energetica dalla costituzione fino alla gestione, permettendo a ogni singolo partecipante di verificarne in tempo reale l’andamento e i relativi benefici.

Il servizio proposto da Plenitude è completo di progettazione, installazione, avvio e gestione e offre un supporto completo dal punto di vista burocratico, sia per quanto riguarda l’avvio degli impianti sia per i modelli di statuto e di contratti, che la comunità può adattare alle proprie esigenze.

Plenitude offre quindi alla comunità e ai cittadini gli strumenti per diventare protagonisti della transizione energetica, mettendo in pratica l’importante principio sancito dall’Unione Europea attraverso la RED II: i cittadini possono diventare artefici della loro energia e del loro futuro. 

Le fonti normative e il quadro legislativo

L'Italia ha recepito la Direttiva europea in più riprese, a partire dall'emendamento al Decreto Milleproroghe, convertito nella legge 8 del 28 febbraio 2020, che di fatto ha aperto la strada alla costituzione di Comunità Energetiche fissandone anche i limiti di potenza.

In seguito la delibera 318/2020/R/eel dell’Autorità per l’Energia (ARERA) e il DM 16 settembre 2020 del Ministero dello Sviluppo Economico hanno permesso di regolare gli aspetti economici per il ritiro dell’energia e fissare la tariffa incentivante per l’autoconsumo elettrico collettivo, alternativa agli incentivi attualmente previsti e/o al meccanismo dello scambio sul posto. 

Le regole tecniche per accedervi sono state quindi fissate in un documento del GSE pubblicato il 22 dicembre, contestualmente alla guida per l’invio delle istanze preliminari di accesso tramite l’apposito portale. Il Decreto Legislativo n. 199 del 8 novembre 2021 porta a termine il recepimento della direttiva (UE) 2018/2001 (RED II), ampliando anche il limite di potenza degli impianti e l’orizzonte geografico.

Da segnalare anche un altro importante intervento sempre in tema economico: il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), approvato il 13 luglio 2021 che ha destinato oltre 2 miliardi di euro allo sviluppo delle Comunità Energetiche riconoscendo il valore di strumento privilegiato per aumentare la produzione complessiva di energia rinnovabile. 

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