Ecco come ridurre l'impronta ecologica della nostra vita digitale

Domenica pomeriggio, interno casa. Siamo seduti sul divano, guardando la nostra serie TV preferita in streaming. Nel frattempo, con lo smartphone in mano, stiamo messaggiando via WhatsApp con i nostri amici, mentre Facebook ci notifica l'arrivo di un commento al nostro ultimo post. Apriamo il social e, ovviamente, commentiamo a nostra volta.

Sono gesti che ripetiamo decine di volte, nell'arco dei giorni, delle settimane, dei mesi. E che hanno un'impronta ecologica. Possiamo intuirlo, certo, ma probabilmente non ci siamo mai interrogati sul loro reale peso energetico. Anche perché le bollette ci raccontano solo una parte di questi consumi. La maggioranza è infatti invisibile ai nostri occhi, essendo a carico dei server e data center delle grandi aziende che forniscono i servizi.
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La produzione di CO2 stimata per le attività digitali ha un peso enorme: se fosse una nazione, sarebbe la quarta al mondo per inquinamento, subito dietro Cina, Usa e India. Il web, infatti, produrrebbe circa un miliardo e 850 milioni di tonnellate cubiche all'anno, ovvero 400 grammi per ogni utente di Internet (fonte Global Carbon Project).

Il condizionale è d'obbligo, perché la misurazione di tale dato è molto complesso, non avendo a disposizione i consumi energetici dei più grandi player al mondo (e dei loro server). Di certo, si tratta di un peso imponente, in crescita esponenziale. Se nel 2008 le tecnologie digitali contribuirono per il 2% alle emissioni globali di CO2, l'anno scorso sono arrivate al 3,7% e raggiungeranno l’8,5% nel 2025 (l’equivalente delle emissioni di tutti i veicoli leggeri in circolazione) mentre nel 2040 si ipotizza che l’impatto del digitale arriverà al 14% (fonte: The Shift Project nel Report: LEAN ICT - TOWARDS DIGITAL SOBRIETY).

Quanto pesano i nostri gesti digitali

Quanto consuma un forno o un frigo? Saperlo è facile: basta leggere l'etichetta energetica, per conoscere il consumo annuo. Per i nostri gesti digitali non esiste un'analoga etichetta. Ma sappiamo che guardare un video in streaming ad alta definizione per 10 minuti equivale all'utilizzo per tre minuti di un forno da 2000 w alla massima potenza. Quattro ore di streaming consumano quasi quanto un frigorifero in una settimana. Lo streaming è proprio una delle attività più energivore, e tra quelle in continua crescita (basti pensare che nel 2019 le ore di streaming in Italia tra il 24 e il 26 dicembre erano state 2,8 milioni, nel 2020 sono salite a 6,5 milioni).

Inviare una e-mail con un testo breve e senza immagini genera quattro grammi di CO2, poco superiore all'invio di un messaggio su Facebook o Whatsapp. Ma se alleghiamo un allegato di circa un 1MB, il peso sale a circa 19 g di CO2, tenendo ovviamente conto sia del consumo energetico del pc che di quello dei server coinvolti nel traffico. Una ricerca su un motore online quota da 0,2 a 7 grammi di CO2. Mentre l'energia necessaria per ottenere un solo bitcoin equivale a quella usata in due anni da una famiglia americana media.

Il peso del cloud

Cloud, ovvero nuvola. Un'immagine poetica, che ci suggerisce un luogo etereo, senza peso, nel quale ogni individuo oggi immagazzina ed estrae dati e immagini a suo piacimento. La realtà non è proprio così. Perché quella che definiamo nuvola, alla prova dei fatti è una gigantesca infrastruttura fisica che di etereo ha davvero poco, costituita da fibre ottiche, cavi sotto l'oceano, giganteschi server.

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Le grandi aziende private protagoniste sul digitale - come Facebook, Amazon, Google, Apple, Netflix, Microsoft – ne hanno diversi, alcuni alimentati da centrali elettriche indipendenti. I dati dei consumi di questi data center non sono noti, ma sempre più spesso nelle loro comunicazioni questi player evidenziano l'utilizzo di energia green – fotovoltaica, per esempio – e buone pratiche (per esempio, attività di carbon credit, ovvero attività di compensazione della CO2) atte a ridurre l'impronta ecologica.

Vita digitale: come ridurne il peso

Il processo di digitalizzazione delle nostre vite è un fatto ineluttabile e, di per sé, non negativo. Anzi: le soluzione digitali possono supportare la decarbonizzazione, evitando in molti casi spostamenti che contribuiscono alla crescita del riscaldamento globale. Ma è necessario aumentare la consapevolezza di ogni utente, per ridurre i consumi inutili di energia. A questo scopo, può essere utile consultare il Manifesto per la sostenibilità digitale messo a punto a fine 2019 dalla Fondazione per la sostenibilità digitale: un documento in dieci punti che vuole rappresentare un’occasione di riflessione circa il ruolo della tecnologia digitale quale strumento di sostenibilità, evidenziando la sua funzione centrale nella costruzione di modelli di sviluppo sostenibile nel quadro di riferimento di Agenda 2030.
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Se la consapevolezza è il primo step, si possono poi mettere in pratica piccoli gesti quotidiani. Ne abbiamo raccolti alcuni, in questo elenco in 15 punti.

1) Cambia meno frequentemente i tuoi dispositivi
2) Riduci le ore di utilizzo dei social network
3) Evita l'uso compulsivo di immagini (gif comprese) e video nelle comunicazioni
4) Disinstalla le app inutili che si aggiornano in continuazione
5) Evita di inviare mail inutili (riducendo al necessario le mail in cc)
6) Salva in locale piuttosto che sul cloud dati non essenziali
7) Utilizza collegamenti ipertestuali piuttosto che allegati pesanti
8) Ottimizza le dimensioni dei file inviati (tramite compressione)
9) Spegni la videocamera durante le call se non necessaria
10) Disabilita le funzioni Gps, Wifi, Bluetooth quando non utilizzi lo smartphone
12) Disiscriviti dalle newsletter che non ti interessano
12) Evita i consumi in stand-by
13) Scollega dalle prese i caricabatterie se inutilizzati
14) Rendi preferiti i tuoi siti web visualizzati regolarmente
15) Evita firme digitali con immagini pesanti