Una nuova ricerca amplifica i potenziali effetti del riscaldamento terrestre
La temperatura media globale è sempre più alta, e non sono state certo le giornate da “bollino rosso” registrate ad inizio agosto a ribadirlo.
Il fenomeno del riscaldamento globale si deve infatti valutare su periodi di tempo molto più ampi, e purtroppo da anni i principali indicatori disegnano un futuro a tinte fosche, contraddistinto da temperature sempre più elevate e eventi meteo estremi sempre più frequenti.
Per contrastare questi effetti, 195 paesi nel 2015 a Parigi hanno siglato il primo accordo universale e giuridicamente vincolante sul clima mondiale, che definisce un piano d'azione globale di buone pratiche per limitare il riscaldamento al di sotto dei 2°C rispetto al periodo pre-industriale.

Gli effetti del riscaldamento globale secondo una nuova ricerca
Ma c'è chi sostiene che le elaborazioni alla base degli accordi potrebbero aver sottostimato il problema. Un team internazionale di 59 scienzati, coordinati dal professor Hubertus Fischer, docente presso l'Istituto di Fisica e il Centro Oeschger per la ricerca sui cambiamenti climatici dell'Università di Berna (Svizzera), ha di recente pubblicato un rapporto sulla rivista Nature Geosciences in cui spiega perché il riscaldamento globale potrebbe essere il doppio di quanto previsto dai sistemi attuali.
“Gli attuali modelli climatici sembrano essere affidabili per piccoli cambiamenti, come nel caso di scenari a basse emissioni in periodi brevi, diciamo nei prossimi decenni fino al 2100. Ma come il cambiamento diventa più grande o più persistente, sembrano sottovalutarlo. Le osservazioni dei periodi di riscaldamento del passato suggeriscono che un certo numero di meccanismi di amplificazione sono scarsamente rappresentati nelle attuali previsioni" hanno spiegato gli scienziati.
L'uomo deve intervenire prima possibile per abbassare le emissioni di gas serra e ridurre la sua impronta sull'ambienteGli studiosi hanno analizzato i tre periodi più caldi degli ultimi 3,5 milioni di anni, quando il mondo era da 0,5 °C a 2 °C più caldo rispetto le temperature preindustriali del diciannovesimo secolo. Ossia l'Olocene (massimo termico che si è verificato da 5.000 a 9.000 anni fa); l’ultimo interglaciale (da 116.000 a 129.000 anni fa), e il periodo caldo medio pliocenico (da 3 e 3,3 milioni di anni fa).
In questi periodi, la Terra ha cambiato volto, e parecchio: se non altro per l'aumento del livello dei mari, valutato in almeno 6 metri, dettato dallo scioglimento sostanziale delle calotte glaciali dell'Antartide e della Groenlandia. Questo dato è molto più aggressivo rispetto alle stime finora effettuate, che valutano l'innalzamento del livello dei mari fino a 189 cm entro il 2100.
Se l'ultima ricerca avesse ragione, un riscaldamento globale limitato a 2 °C, come previsto nell'Accordo di Parigi, porterebbe ad effetti devastanti: immense aree abitate sulle coste finirebbero sott'acqua, insieme a molte isole. Il deserto del Sahara potrebbe tingersi di verde; le foreste potrebbero spostarsi 200 chilometri più a nord, riducendosi di dimensioni; nelle aree mediterranee i paesaggi sarebbero devastati dagli incendi e ci sarebbe una moria di specie che vivono in alta quota.
Ecco perché l'uomo non può più ritardare gli interventi a favore di un abbassamento delle emissioni di gas serra e di una riduzione della sua impronta ecologica.
È una consapevolezza che deve attraversare ogni livello sociale: dagli Stati che prendono le decisioni in ambito energetico e ambientale, ma anche dei singoli che possono fare scelte importanti in fatto di stili di vita, senza rinunciare alle comodità ma nel rispetto dell'ambiente. È la strada che come Evolvere abbiamo al centro della nostra mission, con i concetti di energia green, autoproduzione e generazione distribuita.