Per la rubrica #evolvereyoung andiamo alla scoperta dell’effetto fotovoltaico, delle leggi che lo regolano e del suo rapporto con la fotosintesi
Trasformare la luce del sole in energia: potrebbe sembrare un sogno da alchimisti e, probabilmente, per secoli è stato così. La famosa pietra filosofale, che l’uomo ha inseguito per millenni, conteneva al suo interno una parte di sole e una di materia capace di trasformarsi. Un sogno per l’uomo, una realtà per il mondo vegetale che trasforma in ogni momento la luce in nutrimento attraverso la fotosintesi. Fotovoltaico e fotosintesi, due concetti molto vicini, ma con alcune peculiarità da sottolineare. Partiamo dal primo.
Cos’effetto fotovoltaico?
L'effetto fotovoltaico è un processo fisico che converte la luce del sole in energia elettrica. Possiamo osservarlo analizzando il funzionamento di un impianto fotovoltaico che consta di due elementi principali: i pannelli solari e l’inverter. I pannelli solari sono composti da celle solari costituite da materiali semiconduttori, come il silicio: quando la luce del sole le colpisce, i fotoni del sole vengono assorbiti dal materiale semiconduttore che crea un campo elettrico. In questo modo è possibile innescare una differenza di potenziale che genera una corrente elettrica continua, trasformata in alternata e resa quindi utilizzabile dall’inverter.
A prima vista tutto abbastanza semplice, se non fosse che per comprenderlo appieno, è stato necessario un lungo percorso di studi e di scoperte inerenti all'elettromagnetismo come la legge di Ohm, di Faraday, di Lenz e di Joule. Queste sono alla base dell'effetto fotovoltaico, perché in grado di spiegare come una variazione magnetica (ad esempio, la luce del sole) possa generare una corrente elettrica.
Qual è la differenza tra fotovoltaico e fotosintesi?
La fotosintesi è un processo biologico che trasforma l’energia luminosa in energia chimica. Questa energia chimica viene poi utilizzata dalle piante per convertire l’anidride carbonica e l’acqua in glucosio, che viene quindi trasformato in energia. Il fotovoltaico compie un percorso per certi versi simile e converte l'energia luminosa in energia elettrica che può essere immagazzinata in una batteria o utilizzata direttamente per alimentare una casa o un'azienda.
Le lucciole sfruttano il fenomeno della bioluminescenzaNaturalmente tra questa straordinaria macchina naturale e la tecnologia umana esistono differenze sostanziali che riguardano i processi chimici e fisici che sottendono al fenomeno. Non solo: anche il prodotto finale è decisamente differente. Tuttavia la filosofia sembra andare nella stessa direzione. Il sole in entrambi i casi è vita e sta a noi non sprecarla. Come ci insegnano altri straordinari trasformatori naturali: le lucciole e tutti gli organismi che sfruttano il fenomeno della bioluminescenza.
Il fotovoltaico è illimitato?
E’ una delle domande poste più spesso, dai bambini e dai loro genitori. La risposta come spesso accade è “Ni”. Da un lato la luce che colpisce la Terra è illimitata e da questa dipende la produzione di energia da fotovoltaico, quindi più luce del sole raggiunge la superficie terrestre, più energia solare può essere convertita in energia elettrica dai pannelli solari. Questa definizione però non tiene però conto di un fatto sostanziale: non tutti i luoghi della Terra ricevono al stessa quantità di luce. Per comprenderlo meglio torniamo alla nozione di irraggiamento solare, ovvero la quantità di luce che raggiunge la Terra in un determinato luogo in un determinato periodo di tempo. L'irraggiamento, perciò, dipende dalla posizione geografica, dalla latitudine, dall'altitudine, dalla presenza di nuvole e da altri fattori meteorologici. Illimitato quindi sì, ma non equamente distribuito in tutte le aree della Terra.
Perché non produciamo tutta l'energia in un unico luogo?
A questo punto la seconda domanda che sorge spontanea è: perché non concentrare i pannelli nelle aree di maggiore irraggiamento? Facciamo un esempio pratico partendo dall'area con il maggiore irraggiamento della terra: il deserto. Quanta energia potremmo produrre in un’area come il Sahara? Anche in questo caso c’è chi ha provato a dare una risposta. Già nel 1986, il fisico tedesco Gerhard Knies calcolò che, con le tecnologie di allora, sarebbe stato possibile colmare il fabbisogno europeo installando pannelli in un’area del deserto grande all’incirca come la Sicilia. Una regione grande per il territorio italiano ma una minima porzione dell’immenso deserto.
impianto fotovoltaico nel desertoSecondo Amin Al Habaibeh, docente di Intelligent Engineering Systems dell'Università inglese di Nottingham Trent, il deserto del Sahara nella sua interezza potrebbe rendere oltre 22 miliardi di gigawattora (GWh) all’anno, in pratica circa 7000 volte il fabbisogno Europeo. Purtroppo si parla di speculazioni ad oggi puramente teoriche: non è tanto lo spazio che manca, quanto le attrezzature. Per produrre energia infatti servono i materiali per le celle e gli altri componenti. C’è poi il problema del trasporto lungo grandi distanze. Due motivi che farebbero lievitare enormemente i costi e che, in parte, hanno già rallentato alcuni progetti sperimentali.
C’è però un’ottima notizia: il progresso tecnologico mira a trovare materiali sempre più economici e performanti. Del resto sono passati solo 140 anni da quando Charles Fritts nel 1883 produsse la prima cella solare coperta da un sottile strato di oro con una conversione pari all’1%. Oggi i valori si sono completamente invertiti: celle molto meno costose con una capacità di conversione venti volte superiore. Il sogno di un fotovoltaico realmente illimitato potrebbe non essere così lontano.