Le comunità energetiche in Italia stanno vivendo un momento di grande crescita e la Chiesa punta ad attivarle nelle parrocchie
Le comunità energetiche in Italia sono una realtà in continua espansione: ogni giorno è possibile leggere di nuovi progetti in fase di avviamento. Un fermento che, sulla spinta positiva della RED II, coinvolge tutta l’Europa: 2mila comunità energetiche solo in Germania, altrettante tra Svezia, Regno Unito, Olanda e Danimarca. I soggetti promotori, al pari di quanto accade in Italia, sono i più disparati. Spesso si tratta di progetti che coinvolgono pubblico e privato, come nel recente esempio di Cagliari dove l’amministrazione si è fatta carico di installare l’impianto fotovoltaico sul plesso scolastico e sui fabbricati di edilizia popolare circostanti ma l’adesione alla comunità e i conseguenti vantaggi sono estesi anche agli altri cittadini.
Esempi altrettanto significativi si segnalano in tutta Italia, da Magliano Alpi, nel cuneese che sullo stesso modello di Cagliari ha visto l’installazione del fotovoltaico sul tetto di municipio e pertinenze mentre l’energia è stata condivisa con i cittadini fino ad allargarsi a un territorio più variegato e ampio come nel caso di Ventotene, dove sarà lanciata la prima comunità energetica del Lazio e di un’isola del Mediterraneo.
La proposta che arriva dalla CEI, la Conferenza dei Vescovi italiani, tramite l’arcivescovo mons. Santoro, è frutto di questa attenzione generalizzata al mondo delle comunità energetiche rinnovabili, ma rappresenta anche un’interpretazione nuova che può estenderne enormemente il raggio. Monsignor Santoro, infatti, ha chiesto a tutte le comunità parrocchiali italiane di diventare a loro volta comunità energetiche. Una proposta molto ambiziosa che avrebbe un’importante ricaduta anche sul piano nazionale: “Se in ciascuna delle 25610 parrocchie del nostro paese si costituisse almeno una comunità energetica che produce al livello massimo possibile di 200 chilowatt avremmo dato il nostro contributo con 5,2 gigawatt di nuova produzione da fonti rinnovabili”.
Al di là dei numeri, però, quello che emerge è la visione di comunità energetica come strumento che va oltre la generazione di energia rinnovabile. Santoro la definisce infatti “una grande opportunità dal basso” per la transizione ecologica e la immagina come un’evoluzione delle aggregazioni già esistenti con l’obiettivo di rendere questo passaggio socialmente sostenibile: la comunità energetica, sempre secondo Santoro, può diventare “uno strumento di creazione di reddito che può sostenere fedeli, parrocchie, case famiglia, comunità famiglia e comunità locali”.
Vogliamo che tutte le comunità di fedeli in tutte le parrocchie italiane diventino comunità energetiche Mons. Filippo Santoro, Vescovo di Taranto
Le comunità energetiche in Italia possono quindi diventare una grande palestra sociale, segnando un movimento che in parte ricorda quello del grande cooperativismo, cattolico e non solo, di inizio Novecento. Allora fu necessario unire forza lavoro, terre e competenze per inserirsi sul mercato e combattere la povertà, varando un nuovo modello che funziona tuttora. Oggi invece la povertà da contrastare con questa operazione è quella energetica, come abbiamo spiegato sulle pagine di Quinto Ampliamento.
Fattori economici che, quindi, corrono parallelamente a quelli sociali: la comunità energetica diventa portatrice di valore, perché apre a concetti che appartengono la mondo della sharing economy, dove quindi l’accesso a un servizio, anche condiviso, diventa prioritario rispetto al suo possesso. La nascita delle comunità energetiche parrocchiali è una delle quattro piste principali individuate dalla CEI per realizzare un mondo diverso, insieme a un’ottica carbon free anche negli investimenti, a un consumo responsabile di prodotti che non siano frutto di caporalato e a un’alleanza intergenerazionale, proprio all’insegna delle comunità e del cooperativismo.
L’impostazione della comunità energetica, oggi, prevede che possano parteciparvi sia consumer sia prosumer, facendo ognuno la propri parte e godendo ciascuno, anche se in modo diverso, dei vantaggi. È il concetto di una rete più forte dei singoli nodi, come hanno dimostrato anche - da un punto di vista tecnico - i test sulla resilienza del sistema grazie alle aggregazioni di piccoli produttori. Una convergenza tecnica, sociale ed economica che ci dimostra come, dalla costituzione delle comunità energetiche, passi non solo un nuovo modello di produrre energia ma anche di aggregazione sociale con ricadute che possono andare ben oltre la generazione elettrica.