Sul piatto (almeno) mille miliardi di euro per garantire la transizione alle rinnovabili entro il 2030

Martedì 14 gennaio la Commissione guidata da Ursula Von der Leyen ha presentato le linee guida della politica verde destinata a cambiare il volto del continente entro il 2020. Questa volta - ed è la vera novità - si parla concretamente di cifre e investimenti: un piano complesso, con un budget di mille miliardi e strategie per recuperarne altri duemila nel corso del prossimo decennio.

I pilastri portanti sono tre. Il primo è il Just Transition Fund (Fondo per la transizione giusta), alimentato come il piano Junker del 2015, da un mix di denaro pubblico e privato. Secondo i calcoli della Commissione riuscirà a raggiungere una dotazione da 100 miliardi (dal 2021 al 2027, arrivando a 143 miliardi per l’intero decennio) con una prima base di 7,5 miliardi di euro, a cui si sommeranno cofinanziamento nazionale, InvestEu e sovvenzioni della Banca Europea degli Investimenti.

Riconversione industriale e Green New Deal

Sarà destinato alle aree del continente che ospitano l’industria più inquinante, che la Commissione non ha indicato preventivamente. Saranno i singoli Paesi che dovranno individuarle secondo i paletti fissati a Bruxelles, riguardanti occupazione, tipologia di attività, livello di inquinamento ma anche prosperità dell'economia nazionale. Si tratta in linea generale di regioni industrializzate che hanno basato il loro sviluppo su tecnologie considerate oggi vetuste e inquinanti e, quindi, necessitano il prima possibile di una deciso cambiamento di rotta. In prima linea per la riconversione ci sono Polonia e Germania, con i loro grandi bacini carboniferi: secondo i primi calcoli dovrebbero ricevere rispettivamente 10 e 8 miliardi. L'Italia potrà sfruttarlo vantaggiosamente per la riconversione dell'ex Ilva: Puglia, Piemonte, Lombardia e Sardegna potrebbero spartirsi 400 milioni di euro che dovrebbero salire a 4 miliardi nel decennio.
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Questo però è solo un capitolo del piano, quello più urgente ma non il principale. Il grosso delle risorse infatti proverrà dal bilancio pluriennale della Ue che per un quarto del totale servirà a finanziare il Green New Deal. L'ingente sforzo porterà sulla bilancia 485 miliardi. A questo si aggiungeranno il cofinanziamento dei singoli stati per 115 miliardi e le risorse della Banca Europea degli Investimenti che ai progetti destinati alla riconversione green destinerà il 50% di quanto a sua disposizione. Una dotazione anche in questo caso consistente, arricchita anche dal piano di investimenti "InvestEU": 195 miliardi fino al 2027, 280 per l'intero decennio.

Fin qui gli stanziamenti calcolati, per un valore di circa mille miliardi, che però potranno e dovranno diventare ancora di più grazie a misure altrettanto ambiziose ma non ancora delineate nei dettagli. Anzitutto c'è in programma la modifica delle regole sugli interventi pubblici nell'economia con una maggior apertura agli aiuti di Stato se mirati alla riqualificazione delle aree inquinate. Quindi - ed è la parte più ostica - una maggiore flessibilità del Deficit statale per quanto riguarda gli investimenti nel settore verde: su questo punto Gentiloni ha mostrato decise aperture, mentre Von der Leyen si è detta contraria. Si tratta comunque di una partita ancora tutta da giocare.
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Intanto, nei prossimi mesi, saranno definite le procedure per l'assegnazione del fondo che dovrebbero comunque prevedere un serrato dialogo tra Commissione e stati membri e la presentazione in sede europea di importanti progetti infrastrutturali. "La transizione - riporta il documento di presentazione del piano - è una necessità ambientale, ma anche un'opportunità economica": la leva finanziaria diventa fondamentale per vincere le ultime resistenze. Nonostante i tempi in Europa, siano inevitabilmente lunghi, la macchina è partita e questa, sicuramente, è un'ottima notizia.