La bioluminescenza, utile all'accoppiamento, rappresenta uno straordinario esempio di efficienza energetica

Un milione di lucciole, immagina di avere intorno a sé Blanco in una canzone della scorsa estate. In realtà, in Italia, questo è un fenomeno sempre più raro. Questi coleotteri, purtroppo, sono sempre più spesso vittime degli insetticidi e dell’urbanizzazione che con le sue luci intense ne ostacola la riproduzione. Le lucciole, infatti, hanno bisogno delle tenebre per illuminarsi, incontrarsi e riprodursi sfruttando la bioluminescenza, un fenomeno che affascina da secoli gli uomini. 

La bioluminescenza: di cosa si tratta

Con questo termine si intende la capacità degli organismi viventi di emettere luce sfruttando particolari reazioni chimiche. Nel caso delle lucciole si tratta della molecola luciferina presente nell’addome dell’insetto che, grazie a all’ossigeno e all’enzima luciferasi, si trasforma in inossiluciferina emettendo il classico bagliore giallo verde.
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Le lucciole sono anche un perfetto esempio di efficienza energetica: riescono infatti a convertire in luce quasi il 100% dell’energia impiegata, con una dispersione inferiore anche a quella di una lampada a LED. Nel processo infatti la luce prodotta è una luce fredda che non comporta quindi produzione di calore. È interessante anche la durata del fenomeno: i maschi riescono a produrre una luce intermittente per diversi minuti, le femmine invece mantengono fisso il bagliore anche per due ore consecutive. 

La bioluminescenza: non solo lucciole

Questo fenomeno è abbastanza diffuso nel mondo animale, sia di terra sia, soprattutto, di acqua. La luce emessa, inoltre, può essere colorata: verde, rossa, blu oltre che gialla. La differenza tra le varie colorazioni dipende dal tipo di substrato che viene per così dire acceso dalla reazione chimica. I fenomeni di bioluminescenza possono anche diventare veri e propri motivi di attrazione turistica, come accade nell’Oceano Indiano con i milky seas, i bagliori emessi dai batteri che concentrandosi in grandi quantità disegnano nell'acqua vere e proprie scie luminose.

Un esercito di lucciole di notte fa invidia al sole Dieco Cugia (Alcatraz, 2000)

O ancora il plancton che si accende di blu nelle acque di molte celebri località marine, dalla California alla Thailandia fino alle Maldive dove, quando arriva sulla sabbia, crea come una distesa di stelle.
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Ci sono anche i funghi luminosi che crescono in diversi paesi dell’Asia e che, pare, servissero agli indigeni per orientarsi nel bosco durante la notte. Alcune creature sono state considerate magiche proprio per la loro luminescenza: è il caso del pesce lanterna, protagonista negativo del celebre cartone animato Nemo, che utilizza la luce in modo da attirare le prede. 

Perché le lucciole si illuminano

Torniamo, però, alle nostre lucciole e al motivo per cui in estate si accendono tra i prati e i boschi. Gli esemplari maschi usano il lampeggiamento in fase di corteggiamento, mentre le femmine si accendono per comunicare la loro disponibilità all’accoppiamento. Un rituale che per certi versi ricorda le celebri lanterne rosse del film di Zhang Yimou che venivano accese come preludio all'incontro amoroso. 

L’utilizzo scientifico della bioluminescenza

Il fenomeno che è stato a lungo studiato dagli alchimisti, ha interessato anche gli scienziati moderni. La Green fluorescent protein (GFP) è stata identificata nella medusa Aequorea victoria dal biochimico statunitense Osamu Shimomura che per questa sua scoperta è stato insignito del premio Nobel nel 2008. Questa proteina infatti, grazie alla fluorescenza e alle dimensioni limitate, è diventato uno dei marcatori più importanti, protagonista in molte indagini di biologia molecolare.