Nel 2018 i mari hanno registrato la temperatura più alta di sempre. Con gravi conseguenze
La notizia potrà essere accolta con un sorriso da chi, in estate, detesta tuffarsi in un mare “freddino”. Ma purtroppo non c'è nulla per cui sorridere. La temperatura media degli oceani è sempre più alta. Nel 2018 si è registrato il record negativo, e per gli anni a venire, con ogni probabilità, l'innalzamento della temperatura seguirà una progressione che non potrà essere interrotta.
È quanto emerge da uno studio pubblicato su Science e condotto da ricercatori internazionali diretti da Lijing Cheng dell'Accademia cinese delle scienze e Kevin E. Trenberth del National Center for Atmospheric Research a Boulder, in Colorado. Lo studio ha analizzato i dati raccolti da Argo, il sistema di monitoraggio oceanico formato da una flotta di circa 4000 robot galleggianti sparpagliati negli oceani che, immergendosi fino a 2000 metri di profondità, misurano lungo tutto il percorso di risalita temperatura, pH, salinità e altri parametri delle acque.
2018, l'anno più caldo
Dai dati raccolti, nel 2018 gli oceani sono risultati più caldi di un decimo di grado rispetto alla media sul lungo periodo. Questo ha determinato un aumento di 3 millimetri del livello medio del mare. Il dato preoccupa ancor più se inserito in una progressione lineare che vede nell'ordine 2017, 2015 (l'anno de El Niño), 2016 e 2014 come gli altri anni più caldi. Il riscaldamento sta correndo a una velocità del 40-50% superiore rispetto a quanto stimato nell’ultimo rapporto dell’IPCC (il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite), risalente al 2014.
Se non si attueranno significative azioni per ridurre l'accumulo di gas serra nell'atmosfera, la temperatura degli oceani continuerà a salire. In uno scenario business-as-usual, fra il 2081 e il 2100 gli oceani subiranno un riscaldamento di 0,78 °C, con un innalzamento del mare per espansione termica di 30 centimetri: un dato sei volte maggiore rispetto a quello riscontrato negli ultimi 60 anni. Rispettando gli impegni presi con l'accordo di Parigi, invece, il riscaldamento degli oceani verrebbe dimezzato.
Oceani bollenti: le conseguenze
L'innalzamento della temperatura dei mari comporta gravi conseguenze. Il calore si traduce in fenomeni climatici più violenti e frequenti, come tempeste, piogge torrenziali e uragani ormai non più limitati alle zone equatoriali.
Interi ecosistemi marini stanno cambiando. Come le fragili barriere coralline, che negli ultimi tre anni si sono ridotte del del 20%. La pescosità dei mari si sta riducendo, perché il riscaldamento abbassa i livelli di ossigeno dell'acqua e altera il termometro corporeo dei pesci, mandando in tilt il loro metabolismo. La calotta polare si sta sciogliendo ad una velocità sei volte superiore a quella del periodo 1979-1990.
Gli oceani come termometro della salute del Pianeta
Per gli scienziati “gli oceani sono il miglior termometro del pianeta”. Questo perché i mari, meno influenzati dalle fluttuazioni naturali, sono uno dei più veritieri indicatori dei cambiamenti climatici. E poi perché oltre il 90% del calore del riscaldamento globale è stato assorbito dagli oceani.
Se il 71% della Terra non fosse ricoperto di acqua, dunque, il futuro dell'umanità sarebbe ancora più a rischio. È stato calcolato che se il calore che gli oceani hanno assorbito dal 1955 ad oggi fosse rilasciato tutto assieme nell’atmosfera, si avrebbe un aumento della temperatura dell’aria di circa 33,3 °C.
“L’oceano ha una grande capacità di assorbire calore sul lungo periodo. – spiega Susan Wijffels, oceanografa al Woods Hole Oceanographic Institute di Cape Cod, Massachusetts - Ma tutto il calore intrappolato rimane bloccato nel sistema climatico terrestre e ha delle conseguenze sul suo funzionamento presente e futuro”.
Ecco perché certi cambiamenti climatici potrebbero diventare irreversibili: il nostro pianeta ha una sua memoria che non segue i tempi dei destini umani, ma si dipana in periodi misurabili in secoli o millenni.