Alle origini delle city car elettriche, sempre e rigorosamente a due posti

Anno 1941, un ventenne Fred Buscaglione suona per le truppe al fronte, mentre a Duluth nel Minnesota nasce Bob Dylan. Viene sperimentata per la prima volta la pennicillina e per le strade d’Europa compaiono le colonne di pesanti mezzi militari in viaggio verso il fronte.

In una Roma non ancora toccata direttamente dalla tragedia della guerra, sfreccia una delle prime auto elettriche al mondo. È un prototipo ideato dai laboratori di ricerca del Governatorato di Roma: costruita in acciaio con tecnica aeronautica - dice l’unica testimonianza rimasta, un filmato dell’Istituto Luce - funziona con batteria ad accumulo, ha 100 km di autonomia e può raggiungere i 40 km/h.

È una spider, di dimensioni ridotte, adatta al trasporto cittadino di due persone. Sono gli anni del mito del progresso, del Futurismo. Dietro questo macchina - tuttora senza nome - non c’è una coscienza ambientale quanto la voglia di stupire, progredire, di trasformare la capitale in una città all’avanguardia.

1972, la prima city car elettrica firmata Fiat

Tre decenni dopo, è il 1972, sempre in Italia debutta una due posti destinata a fare la storia della mobilità elettrica. A Torino la Fiat, che in quell’anno si gode il successo della 127, presenta un prototipo di city car elettrica estremamente moderno. il nome, provvisorio è X1/23. Ha un design futuristico per l’epoca (è una monovolume), ridotte dimensioni e prestazioni record: velocità di punta a 75 km/h e autonomia di 70 km (a una velocità costante di 50 km/h).
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Le batterie sono di nichelio-zinco e hanno un peso record: 166 kg. I limiti sono ancora tanti, in un’epoca in cui la preoccupazione per l’ambiente è ancora di là da venire e la produzione non partirà mai. La Fiat e l’Italia sono però estremamente all’avanguardia e la Fiat X1/23 sembra anticipare di oltre quattro decenni ben più fortunati modelli come la Smart EQ, la citycar Mercedes a 2 o 4 posti.

Arcimoto, la mini car elettrica del presente

L’elettrico si fa in due, perché per buona parte della sua storia l’auto alimentata in questo modo è stata concepita prettamente come auto da città, con due posti, ideale per sfruttare i piccoli spazi e muoversi nel traffico, dove non è necessario avere autonomia per lunghe tratte. E ancora oggi sono in tanti a concepirla così. Ne è un esempio il veicolo elettrico a due posti lanciato a fine 2018 dall’americana Arcimoto e per alcuni destinato a diventare un caposaldo del mercato.
Tre ruote e aperto ai lati, ha due posti e due motori elettrici da 25 kW l’uno che garantiscono ottime prestazioni: velocità di punta da 130 km/h e un’accelerazione 0- 100 in 7,5 secondi. La batteria consente 160 km di autonomia, si ricarica in quattro ore. Il tutto a un costo intorno ai 10mila euro. Un veicolo per l’uso cittadino, ancora una volta a due posti e pensato per recarsi in ufficio nelle metropoli sempre più affollate e affamate di aria pulita.

L'Italia alla sfida della mobilità elettrica

Sulla Topolino amaranto si va che è un incanto nel Quarantasei” cantava Paolo Conte, mentre sulla macchina più popolare dell’epoca - la Topolino - scorrazzava accanto alla fidanzata bionda in un’Italia distrutta dai bombardamenti. È bastato un lustro per cancellare dalla memoria degli italiani quella spider elettrica da città che nel 1941 poteva rappresentare il futuro. Allo stesso modo, trent’anni dopo, saranno le turbolenze dei Settanta e gli anni di Piombo a cancellare dai piani industriali l’X1/23, quel gioiello di ingegneria automobilistica targato Fiat e mai entrato in produzione.

Oggi, dopo altri quattro decenni, l’Italia è di nuovo chiamata alla sfida della mobilità elettrica con nuovi modelli (come la 500 elettrica che sarà prodotta in Italia) e soprattutto con la costruzione di un sistema di infrastrutture e stazioni di ricarica che rappresentano una sfida. Una sfida a cui noi, con le nostre stazioni di ricarica domestiche, vogliamo dare un contributo importante.