Il Doomsday Clock ci dice che siamo vicini alla catastrofe ambientale. Colpa anche del cambiamento climatico
Quanto manca alla fine del mondo? Cento secondi e la lancetta non si schioda da tre anni. Rispetto al 2019, infatti, nulla è cambiato nelle previsioni degli scienziati che ogni anno svelano l’ora x del Doomsday Clock, un orologio simbolico che dal 1947 misura i rischi di una catastrofe ambientale. A sincronizzarlo sono figure illustri della scienza e premi Nobel che compongono il board del Bulletin of the Atomic Scientist. L'Orologio dell'Apocalisse (questa è la traduzione di Doomsday Clock) cerca di quantificare il pericolo di implosione del pianeta rappresentandolo con le lancette di un orologio.
Se all'inizio la mezzanotte rappresentava solamente il rischio di guerra atomica, dal 2007 il Doomsday Clock è influenzato anche dai rischi connessi ai cambiamenti climatici. Al momento della sua creazione l'orologio fu impostato a sette minuti dalla mezzanotte. Da allora le lancette sono state spostate 21 volte. Se oggi si registra la massima vicinanza all'implosione, il periodo più tranquillo è stato raggiunto tra il 1991 e il 1995, quando le lancette segnavano le 23.43.
Cambiamenti climatici e guerra nucleare: le principali minacce per l'umanità
Incrociando minacce climatiche e nucleari, pandemia e instabilità politiche, il board è arrivato a decretare anche per il 2022 lo stesso orario allarmante che ci ha accompagnato nei due anni precedenti. Il fatto che la lancetta sia rimasta ferma non è una buona notizia. Contrariamente a quanto accade per il tempo lineare, infatti, la lancetta del Doomsday Clock può anche tornare indietro, segnalando un miglioramento più o meno marcato. Negli ultimi tre anni, però, questo non è accaduto e, come spiegano gli esperti del Bulletin, ciò indica che la situazione non si è affatto stabilizzata. A pesare sul giudizio non è (solo) la pandemia, come spiega il documento ufficiale. Dal punto di vista politico, infatti, “restano tese le relazioni tra le superpotenze, Cina, Russia e Stati Uniti” e, per di più, “tutti e tre i Paesi sono impegnati in una serie di sforzi di modernizzazione ed espansione nucleare”.
Suzet McKinney, membro del Bulletin of the Atomic Scientists' Science and Security Board (SASB), e Daniel Holz, co-presidente del Bulletin's SASB rivelano l'ora del 2022. Foto di Thomas Gaulkin/Bollettino degli scienziati atomici A preoccupare gli esperti però è anche la lotta al cambiamento climatico e, in particolare, la sua stagnazione. “Per molti paesi esiste ancora un enorme divario tra gli impegni a lungo termine per la riduzione dei gas serra e le azioni di riduzione delle emissioni a breve e medio termine necessarie per raggiungere tali obiettivi”. Nel mirino degli esperti c’è, soprattutto, lo scarso risultato dei negoziati di Glasgow. Se da un lato, infatti, è stato positivo fissare un obiettivo “net zero” da parte di Cina e India, l’orizzonte temporale al 2060 e 2070 è ritenuto ancora troppo incerto e lontano. Poi i Paesi sviluppati non hanno rispettato gli impegni presi per aiutare le economie più in difficoltà nella transizione ecologica.
La desertificazione è una delle conseguenze del cambiamento climatico"Nel complesso - si può leggere nel documento - le proiezioni e i piani dei Paesi per la produzione di combustibili fossili sono tutt'altro che adeguati per raggiungere gli obiettivi globali di Parigi di limitare il riscaldamento della superficie del pianeta". Anche gli impegni presi per il 2050 richiedono azioni immediate come "il reindirizzamento degli investimenti verso le energie rinnovabili e l'efficienza energetica". L’attenzione del rapporto è rivolta soprattutto alle principali vittime, i giovani che "stanno assistendo a tragedie umane ed ecosistemiche causate, ad esempio, dalla siccità nell'Africa orientale e negli Stati Uniti, dalle inondazioni in Cina e in Europa e dagli incendi che imperversano in tutto il mondo, forieri di conseguenze ancora più terribili con l'accelerazione del cambiamento climatico".
Cento secondi possono bastare?
“A che ora è la fine del mondo?” cantava Ligabue nel 1994 e la risposta del Bulletin of the Atomic Scientist nel 2022 indica un tempo minore della stessa canzone: cento secondi. Però, nel rapporto allegato, sono indicate anche una serie di azioni che i governi di tutto il mondo possono intraprendere per riportare indietro le lancette. In particolare tra i diversi punti, ce n’è almeno uno che ci fa ben sperare perché incontra proprio la strategia scelta dall’Europa con il piano Next Generation EU: “Gli investimenti per il rilancio dopo il COVID dovrebbero favorire la mitigazione del clima e affrontare l'intera gamma di potenziali riduzioni delle emissioni di gas serra, compresi gli investimenti di capitale nello sviluppo urbano, nell'agricoltura, nei trasporti, nell'industria pesante, negli edifici e negli elettrodomestici e nell'energia elettrica”.
Cento secondi sono una minaccia per tutti, ciò nonostante i tempi sono maturi per il cambiamento. Good times for a change canta Morrisey nel pezzo icona degli Smith, Please, Please, Please, Let Me Get What I Want, ricordandoci che per fare un capolavoro, come questa canzone, sono sufficienti cento secondi.