Sui tetti europei sarebbe possibile produrre un quarto del fabbisogno elettrico continentale. Perché non partire da qui per il Green New Deal?

I sistemi fotovoltaici sui tetti possono contribuire in modo determinante a soddisfare il fabbisogno energetico europeo. A sostegno di questa affermazione (e a darne anche una stima delle potenzialità) arriva una ricerca del Joint Research Centre - JRC (Centro Comune di Ricerca) dell’Unione Europea. Il team guidato da Katalin Bodis ha condensato i risultati dello studio in un lungo articolo pubblicato su ScienceDirect. 

La metodologia usata, molto complessa, si basa su dati statistici elaborati a partire dalle informazioni spaziali sul patrimonio edilizio della UE e su analisi satellitari, combinati attraverso il machine-learning. I risultati sorprendono.

La disponibilità spaziale per impianti fotovoltaici è pari a 7.935 chilometri quadrati (all’incirca quanto il Friuli Venezia Giulia) e potrebbe fornire ogni anno 680.276 GWh di elettricità corrispondenti al 24,4% del consumo attuale di elettricità (in ambito UE). Non solo: dalle analisi del Centro Ricerca emerge anche che due terzi di questa energia sarebbe prodotta a costi inferiori rispetto alle attuali tariffe residenziali.

L'analisi di questi numeri porta a una conclusione, semplice, diretta, che gli autori inseriscono nell’introduzione dello studio: “la generazione decentralizzata di elettricità con tecnologie rinnovabili come i sistemi fotovoltaici sul tetto può contribuire a un significativo aumento della capacità di potenza attraverso un gran numero di impianti su piccola scala, sfruttando il costo in costante diminuzione degli impianti fotovoltaici".
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Qui ci sono le parole chiave del nostro lavoro: generazione distribuita (decentralizzata) attraverso impianti di piccola scala, che possono sfruttare anche il costo in costante diminuzione degli impianti fotovoltaici. I proprietari - individuati come protagonisti della rivoluzione energetica da questo studio - sono in genere prosumer e, prosegue l'articolo, “includono cittadini che agiscono come privati ​​o in comunità o cooperative energetiche, nonché aziende”.

Un Green New Deal

La realizzazione di questo potenziale diventa una vera e propria sfida per i paesi dell’Unione Europea chiamati a una diversa pianificazione delle loro politiche energetiche, con investimenti che non sono però a fondo perduto. Anzi, a questi, in prospettiva, corrisponderanno importanti guadagni come spiega lo studio nelle sue conclusioni: “le politiche a livello nazionale e regionale nello sfruttare questo potenziale possono apportare benefici per l'occupazione nei settori manifatturiero, dell'installazione e operativo; e stimolare un maggiore coinvolgimento dei cittadini nel raggiungimento della transizione dell'UE verso un sistema energetico a basse emissioni di carbonio”.

Lo studio arriva in contemporanea alle dichiarazioni del neoministro dell'Economia italiana, Roberto Gualtieri, che ha parlato di un Green New Deal andando oltre a una semplice manifestazione di intenti. Gualtieri infatti ha spiegato come le risorse saranno reperite, chiedendo cioè alla Ue di escludere dal calcolo del deficit gli investimenti verdi. Una prospettiva abbracciata anche da altri Paesi europei e ribadita dal Commissario Europeo all'Economia, anche lui fresco di nomina, Paolo Gentiloni. Le condizioni sembrano esserci tutte: allora perché non partire proprio dagli interventi richiesti da questo studio?