In Sardegna, dalle aggregazioni di minatori alle smart grid: lo spirito di comunità ai tempi delle rinnovabili

Rivoluzionare la Sardegna per cambiare il modo di produrre energia in Italia. Legambiente ha le idee chiare sul futuro dell’isola che entro il 2025 è chiamata a uscire completamente dalla produzione di energia elettrica attraverso il carbone. La Regione infatti deve procedere al phase out entro i prossimi cinque anni: una scommessa a prima vista quasi impossibile per un territorio che è stato per decenni uno dei principali bacini carboniferi d’Europa con circa 33 ettari di miniera e centinaia di chilometri di gallerie fino a - 430 metri dal livello del mare.

Il Sulcis, il bacino carbonifero più importante d’Italia che ha visto estrarre nella sua storia oltre 30 milioni di tonnellate di carbone, sta cambiando faccia. Con la chiusura, alla fine dello scorso anno, dell’ultima miniera, quella del Monte Sinni/Nuraxi Figus-Seruci, ha preso avvio un tentativo di riconversione ambizioso, attraverso il progetto di costruzione di una torre di distillazione criogenica da realizzarsi in collaborazione con Laboratorio nazionale del Gran Sasso (Istituto nazionale di Fisica nucleare), Cern di Ginevra e Università di Princeton.

Quello che un tempo era il corpo principale della miniera potrebbe diventare un centro di studio e sperimentazione sulla materia oscura per approfondire l’Universo. Là dove, nell’oscurità, avevano lavorato per quasi due secoli, centinaia di minatori, gli scienziati cercheranno di carpire i segreti della luce.
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Di questa lunga storia carbonifera, oggi, la Sardegna conserva ancora un importante tessuto di centrali elettriche, da riconvertire nel più breve tempo possibile. E proprio da questa propensione delle miniere a guardare al cielo e al sistema solare potrebbe arrivare la soluzione, così come prospettato da Legambiente. L’associazione infatti ha chiesto di puntare sulla produzione di energia da fonti rinnovabili e sulla spinta verso l’autoproduzione e la creazione di comunità energetiche.

Una proposta che Legambiente ha voluto anche estendere sul piano nazionale, come idea per sviluppare il Green New Deal. Nel documento con le proposte da inserire già nella Legge di Bilancio 2020 è infatti annoverata tra i punti chiave la possibilità di anticipare il recepimento della direttiva UE 2018/2001 per consentire l’autoconsumo collettivo di energia prodotta da fonti rinnovabili: “Nelle more del recepimento completo della Direttiva 2018/2001 - scrive Legambiente - il Governo è delegato a definire le condizioni per la realizzazione di sistemi di produzione, accumulo e scambio di energia da nuovi impianti da fonti rinnovabili nelle forme dell’autoconsumo collettivo per configurazioni tra utenze collegate alla medesima rete di distribuzione che non beneficiano di incentivi diretti”.

Dalla comunità dei minatori a quella dei prosumer

Quello prefigurato da Legambiente è un cambiamento, oltre che produttivo, sociale, che si innesta però su una grande storia. Il fattore comunità, che è sempre stato importante nella produzione di energia, può diventare determinante. La civiltà dei minatori era una civiltà fatta di piccole comunità di lavoratori che incessantemente, 24 ore al giorno in turni da 8 ore, estraevano carbone dalle profondità della terra. Era un mondo di cantieri - villaggio che si organizzavano anche in modo residenziale intorno alla miniera. Oggi quel mondo è stravolto, eppure lo stesso concetto di comunità energetica può diventare base di una rivoluzione.
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Il modello industriale - piramidale - delle centrali (che siano a carbone o nucleari poco cambia) è in crisi, al suo posto va imponendosi un inedito modello orizzontale: quello della generazione distribuita dell’energia, attraverso impianti di energia rinnovabile di piccola taglia. In questo nuovo scenario possono crescere e svilupparsi le smart grid: comunità in cui chiunque può produrre e consumare energia localmente, vendendo surplus alla rete e, in un secondo momento, scambiandolo con gli altri nodi della rete attraverso la blockchain.

Comunità dove la produzione è uno degli elementi discriminanti, ma non l’unico: in queste smart community infatti l’energia è digitalizzata, la mobilità diventa elettrica, l’efficienza energetica è ottimizzata casa per casa. Smart grid e smart community procedono parallelamente, prima su modelli di rete più piccoli, capaci però di essere scalabili per poi proiettarsi verso la smart city cioè città intelligenti in grado di innovare nei servizi pubblici e migliorare la qualità della vita dei cittadini.

Pur cambiando il modello produttivo, resta fisso il modello sociale: quello della comunità. Dalla comunità dei minatori alla community dei prosumer, dal sistema di miniere ai nodi di una microgrid, l’energia resta motore della comunità, però diventa patrimonio comune. Condiviso. Dall’intreccio di gallerie del Sulcis, dove gli uomini che non vedevano mai il sole, si riunivano in comunità per la produzione di energia, può nascere il futuro delle comunità energetiche. Questa volta però alla luce del sole.